http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/issue/feedTicontre. Teoria Testo Traduzione2021-09-15T10:39:02+02:00Pietro Taravacciredazione@ticontre.orgOpen Journal Systems<p>La rivista «Ticontre. Teoria Testo Traduzione» nasce dall’esigenza di fornire una piattaforma di discussione aperta, che proponga una riflessione sul testo letterario allo stesso tempo innovativa e attenta agli elementi che compongono il centro delle tradizioni critiche dell’area europea e americana.</p> <p>«Ticontre» si occupa di letteratura medievale, moderna e contemporanea. Particolare attenzione è riservata ai contributi di giovani ricercatori e agli studi che prendono in considerazione la lunga durata; pertanto sono apprezzate le indagini che coinvolgono anche le letterature dell’epoca classica in una prospettiva teorica e ricettiva.</p> <p>«Ticontre» pubblica contributi inerenti a tutti gli aspetti delle tradizioni letterarie dell’ambito culturale euroamericano. Pur operando all’interno di questo spazio, la rivista non privilegia specifiche tradizioni letterarie nazionali: lo scopo è valorizzare ciò che accomuna e non ciò che divide, evidenziare le somiglianze tra quanto è apparentemente lontano anziché le differenze di quanto è vicino.</p> <p>La rivista accoglie contributi di ambiti disciplinari diversi e contigui grazie alla peculiare attenzione che viene posta al testo letterario e alle sue dinamiche, sia in senso linguistico, stilistico e filologico, sia in senso critico e traduttologico. L’apporto teorico dei contributi, che pure è considerato indispensabile, deve pertanto partire dal concreto dato testuale.</p> <p>«Ticontre» si occupa di:</p> <ul> <li class="show"> Critica, filologia e analisi testuale</li> <li class="show"> Storia della letteratura e critica letteraria</li> <li class="show"> Teoria della letteratura e letterature comparate</li> <li class="show"> Traduttologia e traduzione di testi letterari</li> </ul> <p>I saggi pubblicati da «Ticontre», ad eccezione dei <em>Reprints</em>, sono sottoposti a un processo di <em>peer review </em>e dunque la loro pubblicazione è subordinata all’esito positivo di una valutazione anonima di due esperti scelti anche al di fuori del Comitato scientifico. Il Comitato direttivo revisiona la correttezza delle procedure e approva o respinge in via definitiva i contributi.</p> <p>«Ticontre», nata nel 2014 su impulso di un gruppo di dottorandi, dottorande e giovani studiosi, è una rivista di classe A (ANVUR) per i seguenti settori concorsuali: 10/E1 - Filologie e letterature medio-latina e romanze; 10/F1 – Letteratura italiana; 10/F2 – Letteratura italiana contemporanea; 10/F3 – Linguistica e Filologia italiana; 10/F4 – Critica letteraria e Letterature comparate; 10/H1 – Lingua, letteratura e cultura francese; 10/I1 – Lingue, letterature e culture spagnola e ispanoamericane; 10/L1 – Lingue, letterature e culture inglese e anglo-americana; 10/M1 – Lingue, letterature e culture germaniche; 10/M2 – Slavistica. La rivista, inoltre, è stata selezionata ed è indicizzata dall’European Reference Index for the Humanities and the Social Sciences (ERIH PLUS).</p> <p>A cadenza semestrale vengono pubblicati i CFP per le sezioni monografiche e per le sezioni <em>Saggi</em> e <em>Teoria e pratica della traduzione</em>: si invitano gli interessati a registrarsi al sito come “lettori” (<a href="http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/user/register">a questo link</a>) per ricevere informazioni sull’uscita dei fascicoli e sulla pubblicazione dei vari CFP. </p>http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/499 La rappresentazione del lavoro nelle raccolte di racconti dagli anni Ottanta a oggi. Introduzione2021-07-26T09:30:37+02:00Filippo Gobbofgobbo90@gmail.comTiziano Toraccatizianotoracca@gmail.comMara SantiMara.Santi@ugent.be<div class="page" title="Page 1"> <div class="section"> <div class="layoutArea"> <div class="column"> <p>L’introduzione fa un rapido panorama delle recenti raccolte di racconti pluriauto- riali dedicate al tema del lavoro e riflette sul perché una simile produzione merita attenzione da parte della critica letteraria. Ven- gono inoltre individuati e messi in evidenza i tratti principali che emergono dai contributi raccolti in questa sezione monografica.</p> </div> </div> </div> </div>2021-07-25T15:10:25+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/473Le voci delle badanti2021-07-27T13:23:21+02:00Silvia Contarinisilvia.contarini@wanadoo.fr<p>Il personaggio della badante e il fenomeno del badantato, che pure è uno dei più significativi della realtà lavorativa dell'ultimo ventennio Italia, sono pressoché assenti nelle antologie del lavoro, il che è problematico se si considera che le antologie si configurano come narrazioni corali, plurali e collettive, in cui, quindi, la parola della badante è silenziata. Le ragioni possono cercarsi nella doppia invisibilità della badante, come care worker e come immigrata, nonché nella forte dimensione autobiografica delle scritture del lavoro e nella questione dell’autorialità. Della scarsissima campionatura disponibile, vengono presi in esame, a titolo di esempio, un racconto di Andrea Bajani e un testo di Dacia Maraini</p>2021-07-27T13:23:21+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/472 Raccontare il lavoro: lo strumento narrativo del racconto oltre le possibilità del romanzo. Il caso di Michela Murgia.2021-07-26T09:31:16+02:00Tommaso Meozzitommasomeozzi@alice.it<div class="page" title="Page 1"> <div class="section"> <div class="layoutArea"> <div class="column"> <p>Tre anni dopo aver scritto il romanzo “Il mondo deve sapere” (2006), Michela Murgia torna sul tema del lavoro utilizzando la forma del racconto in Il posto è la notte (Sono come tu mi vuoi. Storie di lavori, 2009) e in Alla pari (Lavoro da morire, 2009). L’intervento intende indagare le ragioni che hanno portato la Murgia a tornare su questo tema, e vuole in particolare rispondere alle seguenti domande:</p> <p>– Quali aspetti del lavoro sono riscontrabili nei due racconti presi in esame, che ampliano la prospettiva storico-sciale del romanzo Il mondo deve sapere?<br>– Che possibilità offre lo strumento del racconto, rispetto a quello del romanzo? Il romanzo Il mondo deve sapere, basandosi sull’osservazione diretta e avendo forti radici autobiografiche, può svolgere un’ampia e documentata narrazione. I due racconti presi in esame illuminano invece scampoli di vita di due personaggi fittizi – un portiere di notte e un manager malato di AIDS – che assumono una forte carica simbolica.</p> </div> </div> </div> </div>2021-07-25T14:48:23+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/480 La voce afona del padrone2021-09-15T10:39:02+02:00Carlo Baghetticarlobaghetti@gmail.com<p>L’articolo si concentra su due raccolte pubblicate da Ediesse, organo editoriale della CGIL: <em>Laboriosi oroscopi</em> (2006) e <em>Il lavoro e i giorni </em>(2008). Si analizza la rappresentazione letteraria delle figure socialmente “dominanti” nelle relazioni professionali. Sono state rilevate e studiate cinque figure: il “padrone debole”, raccontato all’interno di un rapporto basato sulla cura; il “barone” universitario, il cui potere simbolico agisce dentro e fuori l’università; il “padrone paternalista”, inserito nel contesto industriale e che riproduce un modello solo apparentemente passato; il “padrone scempio”, considerato alla stregua di un idiota; il “padrone archetipico”, una figura immateriale che però ha un’influenza sulle azioni dei personaggi subalterni.</p>2021-09-14T18:01:45+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/477 Su due racconti di Giorgio Falco2021-07-26T09:31:22+02:00Antonio Galettaantonio.galetta21@gmail.com<p>Il discorso critico sull'opera di Giorgio Falco sta costruendo strumenti per leggere le sue opere pricipali; niente, tuttavia, è stato ancora detto sui racconti che l'autore pubblica fin da prima dell'esorio (<em>Pausa caffè</em>, Sironi 2004) su antologie, riviste, quotidiani. In questo articolo, memori della bibliografia e dell'opera di Falco, si propone una lettura di <em>Mondo macello</em> e <em>Liberazione di una superficie</em>, racconti pubblicati nel 2009 in due antologie collettanee sul lavoro. In chiusura, le forme dei due testi verranno collocate nelle ricognizioni critiche già formulate sugli oltre quindici anni di attività dello scrittore.</p>2021-07-25T00:00:00+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/465 Ecologie precarie. Per una lettura eco-critica di uomini, boschi e api2021-07-26T09:31:12+02:00Paolo Saporitopaolo.saporito@mail.mcgill.ca<p>ITALIANO: Nella recente evoluzione degli studi riguardanti la letteratura del lavoro, la forma breve e “precaria” del racconto è stata riconosciuta come particolarmente adatta ad affrontare il tema della precarietà lavorativa. Il seguente contributo si propone di allargare gli orizzonti di questi studi in senso eco-critico analizzando la raccolta <em>Uomini, boschi e api</em> (1980) di Mario Rigoni Stern. La raccolta, pubblicata alla fine di un decennio in cui emersero i primi dibattiti sulla questione ambientale, riflette sulle ecologie precarie in cui esseri umani e non-umani appartenenti all’ecosistema montanaro dell’Altopiano di Asiago sono costantemente coinvolti. Esplorando questo microcosmo messo a repentaglio dallo sviluppo industriale e turistico, Rigoni Stern afferma la necessità di rifondare i rapporti tra umano e non-umano su nuove basi etiche, verso gli orizzonti sostenibili di un’economia circolare.</p>2021-07-25T14:48:44+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/478 Fragments of Anger2021-07-28T09:31:09+02:00Silvia Varisillabusiva@hotmail.it<p>Uno degli elementi distintivi delle giovani generazioni italiane è la crescente precarizzazione sia esistenziale che lavorativa. La mancanza di certezze economiche e la sensazione d’impasse derivante dalla difficoltà a proiettarsi nel futuro sono dunque diventate caratteristiche alla base di molte narrazioni giovanili odierne. L’articolo analizza la rappresentazione del problematico rapporto tra giovani e lavoro tramite un medium in equilibrio tra due mondi, quello grafico e quello verbale: il racconto a fumetti. Opera al centro dello studio sarà la raccolta di fumetti <em>underground</em> <em>La Rabbia</em> (Einaudi, 2016), che in otto racconti dà voce alle principali inquietudini della suddetta “generazione precaria”. Analizzando l’eredità artistica dal Movimento controculturale del 1977, l’articolo investiga le potenzialità formali del fumetto di esprimere il disagio giovanile incentrandosi su due aspetti: come la peculiare forma frammentaria del fumetto si presti a rappresentare la disgregazione e l’incertezza dei nostri tempi, e come il fumetto <em>underground </em>getti luce sulla tensione tra narrazione invidiale e collettiva proprio in virtù della sua libertà espressiva e complessità formale.</p>2021-07-27T13:24:05+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/474 L'università senza vita2021-07-26T09:31:29+02:00Riccardo Deianardeiana@uniroma3.it<p>Nei due capitoli in cui il contributo è suddiviso, si analizzano le rappresentazioni delle figure dello studente-lavoratore e del dottorando a partire da alcuni racconti italiani pubblicati tra la metà degli anni Novanta e la fine degli anni Dieci del nuovo millennio. In particolare, considerando testi, o parti di essi, in cui le due figure compaiono nella loro declinazione lavorativa, si è cercato di mettere in luce nel primo capitolo come la letteratura tenda a ribaltare luoghi comuni e stereotipi dominanti del discorso pubblico, e nel secondo, quanto i rapporti di forza di antica data siano lungi dal poter essere considerati superati dal nuovo modello universitario di tipo aziendalistico.</p>2021-07-25T00:00:00+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/500 Introduzione: Cesare Pavese tra razionale e irrazionale. II. Parole, mito, sangue.2021-07-26T09:30:33+02:00Carlo Tirinanzi De Medicitirinanzi@ticontre.orgGiancarlo Alfanogiancarlo.alfano@unina.itMassimiliano Tortoramassimiliano.tortora@unito.it<div class="page" title="Page 1"> <div class="section"> <div class="layoutArea"> <div class="column"> <p>Vengono presentati qui i saggi che compongono questa seconda iniziativa monografica dedicata a Cesare Pavese. Dopo una ricognizione del mercato editoriale e delle iniziative principali prese in occasione del settantesimo anniversario della morte di Pavese, si osserva come i saggi affrontino tutti il tema del monografico, cioè il rapporto tra razionali- tà e irrazionalità, dalla specola del mito, utilizzando tre prospettive diverse e a parere di chi scrive necessariamente comple- mentari: quella critico-analitica, quella linguistico-filologica e quella comparativo- transmediale. Ciò rende conto della plura- lità di approcci che si possono dedicare a un autore come Pavese.</p> </div> </div> </div> </div>2021-07-25T15:11:13+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/409 Pavese senza collina2021-07-26T09:30:40+02:00Iuri Moscardiimoscardi@gradcenter.cuny.edu<p>ABSTRACT: Pavese definì la propria produzione letteraria come riduzione a chiarezza del mito, da attuare caparbiamente opera dopo opera (le «schegge del monolito»). Per lui, il mito coincise con l’immagine archetipica della collina, luogo irrazionale del sangue e del sacrificio (<em>Paesi</em> <em>tuoi</em>,<em> La casa in collina</em>, <em>La luna e i falò</em>). Fanno eccezione <em>La spiaggia </em>(1942), che «non è scheggia del monolito», e <em>Il compagno </em>(1947), «un <em>Bildung</em><em> </em><em>roman</em><em> </em>politico sulla acquisizione di una coscienza comunista». A renderli diversi dal resto della produzione pavesiana è la mancata trattazione dell’elemento mitologico: in entrambi la collina è quasi assente. Con il mio saggio, vorrei mostrare come tale mancanza tolga a questi romanzi una piena compiutezza estetica, costringendoli ad appiattirsi su elementi sociali (la descrizione di un ambiente borghese e una presa di coscienza antifascista). Quando Pavese rinuncia a razionalizzare l’elemento irrazionale, la sua scrittura perde autonomia.</p>2021-07-25T14:51:07+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/419 Tracce di "sangue" nella "poetica della monotonia" di Cesare Pavese2021-07-26T09:30:47+02:00Daniela Vitaglianodanivtgln@gmail.com<p>Nonostante l’importanza della ripetizione e della monotonia nella prosa di Cesare Pavese sia ben nota, la complessità del sistema semantico delle sue opere è sottovalutata. In questo lavoro proporremo una nuova categoria interpretativa atta a chiarire le scelte stilistiche e contenutistiche dell’autore, conformemente alle linee guida da lui stesso scelte: l’unità e l’unicità. Sulla base teorica di questa “poetica della monotonia” ci si propone di analizzare le occorrenze del termine <em>sangue</em> nell’opera di Pavese, dato che lo si ritrova in tutti gli scritti dell’autore, connesso ai concetti di <em>sacrificio</em> e di <em>selvaggio</em>, che si cristallizzano nei miti dell’origine, della passione, della morte, della carità. Sotto la trama simbolica sarà possibile scorgere le ossessioni pavesiane, la sua relazione al tempo e alla donna. Quest’analisi tematica del <em>sangue</em> permetterà di mostrare il modo in cui la ripetizione monotona contribuisce alla creazione della complessa architettura dell’universo poetico pavesiano.</p>2021-07-25T14:50:31+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/411 Mitologie a confronto. Pavese e Pasolini: irrazionalismo e ideologia2021-07-26T09:30:42+02:00Lavinia Mannellimannellilavinia@gmail.com<p><strong><span style="font-weight: 400;">Pavese e Pasolini sono senza alcun dubbio due dei più grandi autori della letteratura italiana del ‘900: entrambi appassionati dei testi classici, da Omero alle </span><em><span style="font-weight: 400;">Mille e una notte</span></em><span style="font-weight: 400;">, condividono un senso religioso della vita o, come suggerisce Sanguineti, persino un cattolicesimo, tanto intimo quanto problematico, e l’amore per i paesaggi naturali della propria infanzia, arcaici e primitivi. Questo articolo si propone di indagare i motivi per cui Pasolini, ciononostante, parli in termini dispregiativi di una possibile «funzione Pavese». A tale scopo, a partire dal sogno americano che entrambi nutrirono in forme assai differenti e da alcune letture in comune, di natura psicologica ed etno-antropologica, si ripercorrono le loro riflessioni attorno alla letteratura, alla società e al concetto di mito che in un caso sembra servire soprattutto come via di fuga, nell’altro parrebbe soltanto soggiacere al principio di realtà. Da qui scaturisce un’oscillazione narrativa tra armonia, oracolarità, irrazionalismo da una parte, razionalità e saggismo dall’altra.</span></strong></p>2021-07-25T14:50:52+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/450 Note sulla struttura dell'Endimion a la Luna di Cariteo2021-07-26T09:30:53+02:00Alessandro Carlomustoalessandrocarlomusto@gmail.com<p>Gli studi sulla prima redazione del canzoniere di Cariteo, pur riconoscendone la fisionomia specifica, a prescindere dalla versione definitiva, hanno mostrato di leggere l’<em>Endimion a la Luna </em>come una raccolta imperniata su un nucleo ristretto di temi continuamente reiterati, senza che vi siano articolazioni interne, né tantomeno connessioni intertestuali. Il presente contributo si propone di illustrare le strutture macrotestuali del primo <em>Endimione </em>di Cariteo: da una parte, mettendo in luce le strategie di connessione intertestuale attraverso cui il poeta cerca di armonizzare i diversi pezzi della raccolta; dall’altra, analizzando le allusioni contenute nei testi liminari del canzoniere, i quali esibiscono richiami a testi di analogo rilievo strutturale, trascelti sia dai <em>Fragmenta </em>petrarcheschi, sia da alcuni canzonieri di ambiente aragonese.</p>2021-07-25T14:50:00+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/454 L'Anacreonte di Leopardi e il topos dell'intraducibilità2021-07-26T09:31:00+02:00Aretina Bellizziaretina.bellizzi@unitn.it<div> <p class="Abstractarticolo">L’articolo indaga l’incidenza della figura di Anacreonte in diverse fasi della riflessione leopardiana con particolare attenzione ai momenti in cui quest’ultima ha incontrato la concreta pratica traduttiva. Gli <em>Scherzi epigrammatici</em>, l’<em>Inno a Nettuno</em> e le <em>Odae</em><em>adespotae</em> sono letti alla luce delle tesi relative all’intraducibilità di Anacreonte espresse nel <em>Discorso sopra Mosco</em> prima ancora che nello <em>Zibaldone</em>. La parafrasi di un’ode di Anacreonte che chiude l’<em>Elogio degli uccelli</em> mostra che l’irriducibilità del poeta antico al moderno è diventata per Leopardi molto più che la mera assimilazione di un <em>topos</em>.</p> <div> <p class="Abstractarticolo"><span lang="EN-US">This essay investigates the significance of Anacreon’s influence throughout the evolution of Leopardi’s reflection with particular attention to the moments in which this reflection encounters the practice of translation. The impossibility of translating Anacreon, as expressed in <em>Discorso sopra Mosco</em> even before than in <em>Zibaldone</em>, was the essential key to analyze the <em>Scherzi epigrammatici</em>, <em>Inno a Nettuno</em> and <em>Odae adespotae</em>. The paraphrase of one of Anacreon’s odes at the end of <em>Elogio degli uccelli</em> shows that, for Leopardi, the irreducibility of the ancient poet to the modern age becomes much more than the simple reception of a <em>topos</em>.</span></p> </div> <p class="Abstractarticolo"> </p> </div>2021-07-25T14:49:32+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/455 L'autore contro l'eroe. Borgese, Rubé e la teoria del romanzo d'inizio Novecento2021-07-26T09:31:05+02:00Daria Biagidariabiagi@gmail.com<p>L'articolo ricostruisce la riflessione di Giuseppe Antonio Borgese il relazione al problema del rapporto autore-personaggio, il contesto in cui prende forma e i suoi effetti sull'interpretazione del suo romanzo maggiore, <em>Rubé</em> (1921).</p>2021-07-25T14:49:15+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/459 La poesia della Resistenza francese nel dibattito sulle riviste italiane del Dopoguerra2021-08-04T12:08:42+02:00Fabrizio Miliuccifabriziomiliucci@yahoo.it<p> </p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;">Attraverso </span></span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;">uno spoglio delle principali riviste letterarie pubblicate negli anni 1944-1946, l'articolo si propone di valutare la ricezione della poesia francese in Italia in merito allo specifico tema della resistenza e dell'impegno civile, nell'ambito del complesso dibattito letterario occorso nel paese a partire dal secondo dopoguerra. Verrà analizzata con particolare attenzione la formazione di un “canone francese della resistenza”, da verificare sulla più ampia prospettiva del secolo XX, cercando di rispondere a quesiti come: quali autori, quali opere e con quale fortuna hanno influenzato l'attività degli operatori culturali italiani? Quali ripercussioni ha subito il lavoro di “import” letterario dal dibattito sulla resistenza? Quale è stato, in merito, l'atteggiamento dei maggiori poeti italiani vicini alla poesia francese e, non di rado, impegnati in prima persona in attività editoriali o di traduzione?</span></p> <p align="JUSTIFY"> </p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;">A partire dal 1944, sulla risorta stampa periodica italiana si aprì un dibattito sulla valenza della cultura nella società del ventennio appena trascorso. In questo ragionamento a più voci, la pertinenza letteraria, assorbita nel dibattito etico-politico, svolse un ruolo fondamentale. L'oggetto su cui si esercitò ogni riflessione di carattere artistico e culturale sulle pagine di riviste come “Aretusa”, “Rinascita”, “Il Politecnico” e molte altre</span> <span style="font-family: 'Times New Roman', serif;">– tanto da posizioni conservative quanto da posizioni progressiste – fu lo statuto dell'artista in rapporto alle ragioni della società, il suo atteggiamento di fronte agli avvenimenti storici, la validità stessa del suo mandato. La storia recente fu discussa in vista di una rifondazione del rapporto fra </span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;">élite</span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"> culturale e popolo. </span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"> A finire sotto il tiro di chi avanzava apertamente una condanna, con la conseguente richiesta di un radicale rinnovamento, fu l'atteggiamento di quanti, durante gli anni della dittatura, si erano sentiti svincolati da una responsabilità diretta, anche se sul piano intimo ed esistenziale avevano lungamente scontato il peso di un' “assenza” favorita dalle sempre più stringenti pratiche repressive. La poesia scaturita da questo atteggiamento esistenziale, conforme alla prescrizione crociana sull'autonomia della fantasia creatrice, diventò il vero oggetto della polemica e il tono di una compartecipazione intima e privata come effetto di una resistenza passiva all'avanzata della storia non poté più essere recepito come valido.</span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"> In questo clima di dibattito e confronto, matura un paragone – talvolta evocato esplicitamente, talaltra solo alluso – con la coeva poesia francese, assunta come una sorta di modello ideale di partecipazione e resistenza. A quest'idea rispondono molto tempestivamente autori come Eugenio Montale, il quale nel 1944</span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;"> scrive: </span></span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;">«</span></span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;">Quattro anni di servitù son costati alla Francia democratica una serie di tradimenti assai maggiore di quelli che all'Italia del fascismo vero e del fascismo posticcio furono consentiti da un periodo di prova più breve. “</span></span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;">Pari siamo” dunque, amici francesi: senza recriminazioni e riserve mentali. E così non avessimo mai più nulla da credere, nulla da rivendicare nei confronti della sorella latina che fu più a lungo sofferente e conobbe più rapida la gioia del riscatto». Perché la necessità di una tale affermazione? A quale sottinteso del discorso corrente allude un riferimento così diretto, e quasi piccato, al destino né più nobile né meno disdicevole della “sorella latina”?</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;">Al rifiuto di qualunque confronto pronunciato da Montale, sembra fare da contraltare un'altra dichiarazione, datata 1946, di un poeta appartenente alla generazione successiva. Queste sono le parole del trentaquattrenne Giorgio Caproni, sempre in merito allo stesso argomento: </span></span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;">«No, miei cari e illustri colleghi francesi, non abbiamo avuto come voi una letteratura della resistenza. È colpa? È segno di estremo pudore? È sfiducia di poter rendere credibili fatti che di per sé appaiono incredibili? Non voglio risolvere questi interrogativi. Io dico soltanto che ora questa assenza ci duole: perché anc</span></span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;">he i fatti più semplici ed umili posso</span></span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;">no sempre venire offuscati dalla “stupidaggine” e dalla “bassezza” quando non esistono testi, cioè testimonianze scritte».</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;"> A partire dalla ripresa della stampa periodica, gli estremi di un implicito paragone fra la condizione poetica italiana, considerata come insufficiente nel suo apporto alla battaglia patriottica, e quella francese, segnata al contrario da un periodo di grande mobilitazione, furono subito nell'aria. Secondo una comune opinione critica allora (e ancora) vigente, i francesi avevano opposto all'occupazione tedesca un notevole fervore creativo, facendo quanto alcuni commentatori italiani avrebbero desiderato veder accadere anche in patria.</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;"> Fra gli argomenti di quanti si schierarono dalla parte di una rifondazione poetica, venne subito ventilato il paragone a cui Montale aveva sentito istintivamente il bisogno di rispondere riconsiderando al ribasso il fascicolo del rapporto potere-cultura nel ventennio. La domanda che sembrava prendere forma sulle pagine delle riviste che riattivavano con difficoltà il dibattito era infatti: perché il surrealismo è riuscito a trasformarsi tempestivamente in poesia della Resistenza, mentre la poesia italiana (soprattutto la tendenza cosiddetta ermetica) non ha potuto conseguire un esito analogo?</span></span></p> <p align="JUSTIFY"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-size: medium;"> Un tale interrogativo, così formulato, è certamente troppo netto per descrivere con precisione lo stato d'animo di quanti provassero a ricostruire la complessa vicenda della poesia italiana fra anni Venti e Quaranta con una certa obbiettività, e senza voler cedere troppo all'esempio francese, considerato sempre con una certa dose di “agonismo” nazionale. Ma gli elementi di una tale domanda, seppure composti in un ragionamento problematico, sono utili a comprendere la parabola che portò a puntualizzazioni come quelle sopra ricordate. Prendiamo l'esempio di «Aretusa», prima rivista italiana ad attivarsi nel dopoguerra. Nel numero inaugurale viene proposta una critica alla poesia surrealista ed ermetica di origine francese, di cui il direttore Francesco Flora ripercorre la storia, dichiarandone infine la sostanziale inattualità, ed accogliendo con favore la notizia di un cambio di direzione verso argomenti di stampo civile: «Che un gruppo così pugnace di antichi surrealisti combatta oggi per il risorgimento della Francia e per la civiltà umana è indizio della sincerità vitale che moveva, nei migliori, l'esperienza surrealista».</span></span></p> <p> </p>2021-07-25T14:49:00+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/453 «(e con la Storia mi scuso)». Giudici, gli anni Novanta: due esercizi di lettura2021-07-26T09:30:57+02:00Francesca Santuccifrancesca05santucci@yahoo.it<p>Quest’articolo propone lo studio genetico e la lettura di due poesie dell’ultimo Giovanni Giudici (1924-2011), <em>1989</em> e <em>Distici bosniaci</em>, tratte da <em>Quanto spera di campare Giovanni </em>(Garzanti 1993): attraverso le agende personali manoscritte, i fogli di lavoro, gli articoli per «Il Secolo XIX» redatti dall’autore ligure tra il 1989 e il 1993, l’articolo ricostruisce una ricezione della Storia, negli anni Novanta, filtrata dalle immagini, tra speranze disilluse e narrazioni mediatiche aberranti. Dal crollo del Muro, attraverso le nuove guerre trasmesse in diretta televisiva mondiale – la Guerra del Golfo, il conflitto nella Bosnia-Erzegovina –, l’articolo restituisce la postura di chi, a fine Novecento, ragiona sul termine della vita privata e sul tempo collettivo. Tenendo a fuoco la disillusione rispetto al presente, l’ultima parte dell’articolo opera una ricognizione di alcune voci che hanno attraversato gli anni Novanta</p>2021-07-25T14:49:45+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/420 Tra verso e prosa, tra proprio e altrui2021-07-27T13:17:30+02:00Anna Belozorovitchanna.belozorovich@uniroma1.it<p>L’articolo analizza alcuni fenomeni di intertestualità e meccanismi di auto-traduzione nella scrittura di Kazimir Malevič. Figura chiave dell’avanguardia pittorica russa, il suo rapporto con la parola è testimoniato dai numerosi trattati, note, poesie, manifesti e lettere. Emergono con forza le due influenze di maggiore peso nella formazione di Malevič-scrittore: il coinvolgimento nel movimento delle avanguardie e lo studio del Vangelo, al quale si era dedicato a lungo e il cui ritmo e i cui riferimenti sono significativi nella scrittura del suprematista. Tra i fenomeni analizzati nell’articolo, il primo è rappresentato dall’uso ‘fluido’ del genere testuale. L’analisi fa emergere una correlazione tra il genere (mutante) del testo e il racconto che offre del sentire religioso e della riflessione filosofica sull’arte. Tale osservazione trova riscontri nello studio di Azarova sui collegamenti tra testo filosofico e poetico nella tradizione russa. Il secondo aspetto prende spunto dai differenti piani dell’intertestualità descritti da Torop. Il piano della ‘poetica del proprio/altrui’, in particolare, mostra, negli scritti di Malevič, un andamento ‘a spirale’, in cui l’autore è contemporaneamente in dialogo con sé stesso e con un’idea di ‘umanità’, tra passato e futuro. Alcuni concetti elaborati da Malevič riflettono, inoltre, uno ‘spirito del tempo’ e sono al centro della riflessione per molte personalità che hanno accompagnato quel tempo verso il futuro. La densità di simili richiami intertestuali può essere considerata come parte di una più ampia ricerca, che riconosce come proprio spazio di azione la coscienza dell’uomo e di tutti gli uomini, a contatto con gli altri e con il divino.</p>2021-07-25T14:50:17+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/495 Andrés Sánchez Robayna. Por el gran mar: conoscenza, coscienza e lingua2021-07-26T09:31:19+02:00Valerio NardoniValerio.nardoni@unimore.it<p class="p1"><span class="s1"><em>Por el gran mar</em> (Galaxia Gutenberg, 2019) ultima raccolta del poeta spagnolo Andrés Sánchez Robayna (Las Palmas, 1952) segna una sorta di culmine nella sua traiettoria poetica e getta nuova luce anche sulle raccolte precedenti. Si tratta di un breve libro, che affronta una grande sfida: quella di non perdere la lucidità dinanzi a un evento sconvolgente e irreparabile come la prematura perdita della persona amata, ma che propone anche la speranzosa rinascita dell’amore. Sulla linea di una poesia intesa come «strumento di conoscenza» (Valente), il raggiungimento di un nuovo equilibrio è qui raccontato con il forte appoggio alla metafora della creazione poetica stessa, che diviene una sorta di basso continuo meditativo dell'intero libro: la nuova identità del poeta, sprofondata nell'oscurità del dolore, se vuole tornare in superficie deve fare i conti con l'ignoto; così è anche per la parola poetica, che per giungere al foglio deve compiere quel misterioso viaggio dall'invisibile al visibile, dall'intuizione al sapere, dall'indicibile eterno alla, pur fuggevole, presenza nel mondo. In questo studio si analizza tale figurazione in cui vengono ad intrecciarsi le tre linee tematiche di conoscenza, coscienza e lingua. Dopo una rassegna panoramica sull'opera completa del poeta (che nel 2020 festeggia i cinquant'anni dall'uscita del suo primo libro) si individuano i passaggi chiave della raccolta e si procede infine ad una rassegna globale del lessico, còlto nelle sue valenze grammaticali (sostantivi, aggettivi, verbi).</span></p>2021-07-25T00:00:00+02:00##submission.copyrightStatement##http://www.ticontre.org/ojs/index.php/t3/article/view/475 Andrés Fernández de Andrada, Epístola moral a Fabio2021-07-26T09:31:25+02:00Pietro Taravaccipietro.taravacci@unitn.it<p>Traduzione dell'Epístola moral a Fabio, di Andrés Fernández de Andrada</p>2021-07-25T00:00:00+02:00##submission.copyrightStatement##